Ortodonzia: terapia estrattiva o non estrattiva
Molte sono le tecniche di esecuzione di un trattamento ortodontico – Bidimensionale, Bioprogressiva, Filo dritto, Invisalign – ma essenzialmente due sono le scuole di pensiero nella terapia ortodontica: una estrattiva e una non estrattiva.La terapia estrattiva è nata negli USA negli anni ’30 con Charles Tweed secondo il quale l’inizio del trattamento ortodontico doveva avvenire verso i 12-13 anni, quando tutti i denti permanenti erano erotti in arcata. Si poteva attendere questo periodo poiché i problemi di affollamento dentale venivano risolti con quattro estrazioni dei primi premolari, ottenendo così facilmente l’allineamento nelle arcate dentali data la disponibilità di 15 millimetri di spazio per ogni arcata.
Togliendo dei denti però si creavano degli spazi per cui gli incisivi superiori venivano arretrati. Ciò determinava un minor sostegno al labbro superiore che rientrava creando a volte un grave problema al profilo poiché l’angolo naso-labbiale diventava maggiore di 120° e quindi inestetico. Questa tecnica aveva un’ impostazione prettamente meccanicistica, in quanto si basava sulla sola valutazione dei tessuti duri, del rapporto dei denti fra di loro, senza pensare al profilo del viso.
Negli anni ‘60 Robert Ricketts esaminò molti casi trattati con la tecnica di Tweed e vide i danni fatti al profilo. Notò che i denti in molti casi tendevano, tra l’altro, a riprendere la loro posizione iniziale creando degli spazi (diastemi) tra di loro. Per questo sostenne che bisognava essere più conservativi e non procedere ad un trattamento guardando solo i tessuti duri (i denti) ma prendendo in considerazione anche i tessuti molli. Secondo Ricketts bisognava quindi tenere conto del profilo del paziente e dell’armonia di questo inserito nel corpo e porre attenzione anche alle funzioni orali come la respirazione, la deglutizione, la fonazione, la postura. Quindi decidere il trattamento ortodontico in base a una valutazione complessiva della forma, ossia dell’insieme composto da tessuti duri (denti), tessuti molli (profilo) e funzioni orali (respirazione, ecc…).
Ricketts suggeriva di intervenire precocemente, verso i 6-7 anni, per correggere eventuali difetti nelle basi ossee (mascella e mandibola) – come ad esempio palato stretto, mandibola in avanti, mascellare superiore iposviluppato – o, meglio, anche prima che ci sia la crescita dei primi denti permanenti e quindi già a 5 anni. Si accorse infatti che prima si corregge la forma, prima si normalizza la funzione e solo una normale funzione mantiene una corretta forma nelle arcate. La terapia quindi si divide in due fasi: una prima fase di terapia chiamata intercettiva è da affrontare verso i 6-7 anni e serve per preparare le basi ossee, per creare lo spazio adeguato, in modo tale che possano erompere bene tutti i denti permanenti in arcata. Successivamente, nei casi in cui i denti permanenti erompono mal posizionati o mal ruotati, ossia nel 50% dei casi, è necessario fare un secondo trattamento di riallineamento dentale verso i 12-13 anni che avviene però in un ambiente osseo già armonizzato e tale da accogliere questi denti senza alcun problema di posizione e di spazio, senza alcuna estrazione e senza alcuna alterazione del profilo, con funzioni orali corrette.
Solo questo metodo garantisce una stabilità di risultato anche a distanza di molti anni, come si può vedere dai casi qui riportati. Questa terapia, tra l’altro, porta a risultati che si avvicinano maggiormente ai moderni canoni estetici che vogliono labbra carnose, profilo pieno, arcate dentali più ampie e senza buchi neri laterali durante il sorriso
Oggi quindi la maggior parte degli ortodonzisti in Italia preferisce la tecnica non estrattiva.